"Filiberto Menna ha messo in luce, nella esperienza artistica italiana tra le due guerre, la vocazione all'ideologia, illustrando particolarmente in Persico e Pagano il difficile cammino verso il moderno, attraverso la critica al formalismo e la definizione di figure costruttive che, in termini antropologici, racchiudessero l'essenza della comunità. Ma, se il discorso del Persico, malgrado i toni alti, resta impigliato nel confronto estemporaneo con la particolarità delle tendenze, nei motivi della cronaca, e se nel Pagano la ricerca degli idealtipi si attua nello studio del linguaggio arcaico, elementare, del costruire rurale, quasi nella nostalgia delle cadenze temporali proprie alla età pre-industriale, se in entrambi cioè si tenta ancora di relazionare in un rispecchiamento ideologico le forme ai contenuti concreti del vivere, in Terragni, come in Sironi, la rappresentatività dell'arte, la sua adesione al reale, si manifesta in una capacità intrinseca a cogliere la epocalità delle storie, nel senso che è l'arte stessa, nei suoi specifici modi, manifestazione dei miti che lungo tutte le storie hanno identificato il farsi del popolo, la sua epopea." Alberto Cuomo, Terragni ultimo. Guida Editori, 1987
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